Ho pensato che posso mettere un panno alla finestra, un panno colorato.
Lui riuscirebbe a vederlo dall’altra parte della strada, guardando dalla sua finestra. Oppure una pianta, con i fiori. Meglio.
Oggi o domani farò un salto dal fioraio per comprarne una. Di quelle che non hanno bisogno di troppa attenzione però, perché io non ho mai avuto il pollice verde. Le piante, come gli uomini, hanno un caratteraccio. Si lasciano morire se le ami troppo.
E io, per tutta la mia vita, non ho mai saputo dosare il mio amore per nessuno. Le piante sono morte e gli uomini sono fuggiti.
Con lui è diverso. Almeno credo. Non lo conosco così bene, anzi, non lo conosco per niente, ma quando due persone sole si incontrano hanno sempre molto in comune. E non c’è bisogno di parlare tanto. Ci si capisce al volo. Anche stare in silenzio è più che sufficiente per scacciare la malinconia e sentire un po’ di conforto.
È lui che si è seduto vicino a me sulla panchina sotto casa. Io lo avevo visto affacciato alla finestra dell’appartamento che era rimasto sfitto per due anni e siccome stava sempre lì a qualsiasi ora, ho pensato fosse uno di quei vecchi spioni che si fanno gli affari degli altri.
Quando si è seduto sulla panchina gli ho detto che non è educato ficcare il naso nella vita della gente, che il nostro è un quartiere di persone perbene.
Ma in verità che cosa poteva interessarmi se quell’uomo era un guardone? Forse alla ragazza del piano di sopra, la farmacista, che è giovane e bella, avrebbe potuto dar fastidio. Il mio pudore, ormai, si è perso tra le rughe della vecchiaia e nella mia vita ne ho viste di cotte e di crude. Non c’è da scandalizzarsi per così poco.
Anzi. L’idea mi è venuta proprio in quel momento. Ero certa fosse la persona giusta.
Ho lasciato che si scusasse, che mi raccontasse della sua triste storia di vecchio vedovo e solo.
Devo dire che mi ha fatto pena, pover’uomo. Così ho lasciato che si sedesse vicino a me anche nei giorni successivi, che si confidasse. La panchina è diventata il nostro punto di incontro.
Un giorno gli ho detto che tempo prima avevo sperato di morire lì, seduta, dando da mangiare ai piccioni. Lui guardava davanti. Siamo tanto soli, gli ho detto, c’è qualcosa di peggio che morire dimenticati da tutti?
Si è girato verso di me e mi è parso di vedere una luce nei suoi occhi. Allora gli ho chiesto se avesse voluto essere il mio guardiano. Ogni giorno, di mattina, avrei messo la pianta coi fiori alla finestra e l’avrei ritirata la notte. È rimasto in silenzio a riflettere, ma quando gli ho dato una copia delle chiavi di casa, le ha prese e le ha messe in tasca, velocemente.
Oggi, quando ho messo la pianta alla finestra, ho visto che anche lui ne ha messa una uguale, ma coi fiori gialli.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara © riproduzione riservata