L’autismo non è solo una condizione legata all’infanzia e può essere scoperto anche da adulti, sopra i 18 anni e addirittura sopra i 30/40 anni. La nostra Cinzia D’Agostino ha parlato dell’autismo nell’adulto con
la psicologa Luisa Di Biagio che racconta la sua vita di persona autistica
L’autismo non si mostra solo dall’infanzia
Lo spettro autistico ha tante declinazioni che possono anche mostrarsi quando si è grandi, magari indagando su problemi legati alla difficoltà esistenziale e alla fatica di vivere. L’autismo dunque può essere una questione da adulti.
Ne abbiamo parlato con la psicologa Luisa Di Biagio, vicepresidente e responsabile di progetto dell’Onlus Cascina Blu di Paderno d’Adda. La dottoressa ha avuto conferma di avere l’autismo come ‘compagno di vita’ nel 2009, a 37 anni. Nonostante una notizia simile, la sua è stata una sensazione positiva. “Una vera e propria epifania” rivela, aggiungendo: “Mi sono finalmente sentita ‘messa a fuoco’, nitida. Mi sono sentita ‘vista’, sia da me stessa che dagli altri. È stato come un meraviglioso click che indica che finalmente tutto si incastra nel modo corretto. I conti tornano”.
Autismo da adulti: capire la propria identità
Anche per via delle sue competenze professionali, Luisa Di Biagio aveva in realtà già compreso da tempo che il suo profilo e la sua storia evolutiva (di sviluppo), “aderivano a quelli indicati dal quadro diagnostico di autismo”. Importantissimo però averne conferma clinica ufficiale, attraverso diversi tipi di valutazioni tecniche. Davvero numerosi, poiché, spiega, “in quel periodo e negli immediati anni a seguire, il sistema sociale faticava immensamente a poter credere che una persona autonoma, competente, integrata e con un ruolo autorevole, potesse essere autistica. Ma già a quella prima restituzione mi sono sentita sollevata. Felice. Ho reagito parlandone con entusiasmo con tutti, mi sono esposta. Non avevo idea del prezzo che io e la mia famiglia avremmo pagato. Oggi, agli altri adulti, consiglio prudenza”, esorta la dottoressa.
Quale impatto nella vita di tutti i giorni
Autismo da grandi: cosa significa nella vita di tutti i giorni? “Dal momento in cui da adolescente ho scelto di adattarmi al sistema sociale (dinamica che si indica con i termini di ‘coping’ e ‘masking’), ho investito energie enormi nel cercare di decifrare una matassa di indicatori che mi appariva illogica”.
La dottoressa Di Biagio continua a raccontare: “Il mio caso è quello di una persona con più di una diversità. Ho un QI stimato oltre la soglia di 150 e rientro anche nel sottogruppo di popolazione ‘gifted’, in italiano plusdotata: la sovrapposizione tra quantità e qualità dell’intelligenza mi ha portata a considerare ‘normale’ anche quello che non lo era. Così, mi sono ritrovata esposta a numerosi rischi. Sono stata vittima di abuso, di violenza, sono stata stuprata in più di una occasione e da persone diverse. Sono stata bullizzata, emarginata, derubata, in particolare di idee e progetti. Sono stata isolata”. La dottoressa ricorda che “secondo una ricerca canadese indicizzata la percentuale di persone autistiche che ha subito abusi sessuali è del 78%. È importante parlarne”.
Autismo e neurotipicità
A proposito di differenza tra una persona neurotipica e una autistica, la dottoressa Di Biagio rimarca come ad esempio, sul piano neurologico, la sensorialità sia diametralmente opposta. “Le persone tipiche hanno bisogno di stimoli più intensi per attivarsi, le persone autistiche reagiscono se esposte a sollecitazioni decisamente più leggere”. Specifica poi come sia “particolarissimo anche il modo in cui, specularmente, fastidio e dolore sono vissuti. È uno dei motivi per i quali la tanto citata violenza ostetrica vede le donne autistiche come vittime in grande percentuale. Il conseguente sistema percettivo è pure completamente diverso. Come lo è inoltre il modo di utilizzare i criteri della comunicazione, della interazione, del linguaggio, del narrato, dell’educazione”.
La specialista crede però che attualmente la differenza principale tra una persona neurotipica e una autistica, sia questa. “La prima viene considerata lecita nel suo essere umana, modello della specie. La persona autistica è considerata un errore, una disfunzione, con segnali più o meno evidenti”.
Autismo: cosa è cambiato nella società
Ben poco, per Di Biagio, che è anche presidente per Capo Verde dell’Associazione nazionale invalidi del lavoro e disabilità diffusa (Anildd): “In questo periodo storico, la situazione è davvero drammatica. Da un lato aumentano le diagnosi, i riconoscimenti dei profili autistici funzionali. Dall’altro, chi può farlo, i numerosi che non necessitano di supporto, restano nascosti, non si svelano. Il prezzo è enorme. Ci sono paesi che rifiutano i visti, Canada, Nuova Zelanda, Australia, UK, tribunali che mettono in dubbio competenze genitoriali, posti di lavoro a rischio”. È un fatto che “l’idea di autismo tende a restare fortemente negativa e patologica”.
Quali sono le parole giuste?
Intanto, quando se ne parla, meglio evitare “la definizione ‘persona con autismo’. Questo indica già la connotazione della condizione come qualcosa che si ha, e non come parte di quello che la persona nel suo insieme, nel suo intero (sano) è”, evidenzia l’esperta che annota come diverse nazioni sono molto più avanti di noi in termini di inclusione. “Paesi in cui la Lingua dei Segni, per intenderci, è usata normalmente. Oppure come il Brasile, che già ha depennato quel ‘con autismo’”.
Sarebbe meglio anche non usare il termine ‘disturbo’, pur se dal punto di vista clinico la definizione al momento ha la sua giustificazione. “L’obiettivo è evolvere considerando l’autismo una condizione neutrale. Una condizione di base, come lo sono il colore della pelle, l’altezza fisiologica”.
Per la dottoressa comunque, parlare di autismo fa sempre bene, ma dipende da come lo si fa. Ci sono varie pellicole televisive e cinematografiche che si occupano di autismo ma in modo “irreale. Gli autistici veri non fanno audience”.
È fondamentale che le parole corrette attorno all’autismo debbano essere legate a un preciso bagaglio di competenze tecniche e cliniche. Non basta essere ‘semplicemente’ autistici per divulgare il tema. “Il rischio è che, senza una preparazione adeguata, si fornisca un’immagine e un modello che non può e non deve rappresentare tutti”.
Autismo: una questione di benessere
In che modo la società dovrebbe farsi carico dell’autismo, sia per i piccoli sia per gli adulti? Secondo la dottoressa Di Biagio, “nello stesso modo in cui si fa carico dei neurotipici”. L’obiettivo è il medesimo: benessere e tutela di ognuno dei suoi membri. “Non esistono indicazioni o protocolli a livello mondiale per definire il criterio di benessere per la popolazione autistica. Viene considerato ‘bene’ l’attenuarsi o l’estinzione dei sintomi che indicano l’autismo”. Invece, “facendosi carico di ogni membro, è la società che si rende autonoma ed evolve. Dare valenza a ogni persona riconosce il valore arricchente dell’inclusione e il sistema stesso ne risulta arricchito, migliorato”.
Autismo, una lettera d’amore
Di Biagio ha scritto una poesia all’autismo, vincitrice di un premio al concorso Lettera d’Amore. È esposta al museo Karol Wojtyla a Torrevecchia Teatina.
Qualche riga: Mio Amato, splendido, pilastro dell’essere/A te che solo esistendo, hai trasformato lungo la storia le bestie in persone, a te che sei la mia parte più bella e vera, quella che con mani sapienti modella ogni mio pensiero, uno a uno, come fossero vasi di creta preziosa mista a oro, l’unica che sa domarli, che sa comprenderne tutte le sfumature/ A te che sei più che musica, che accendi di forme e colori intraducibili la mia mente, rendendo immenso e unico il mio universo interiore/ A te, Autismo amato, scrivo oggi perché leggano altri.
Dott.ssa Cinzia D’Agostino per Redazione VediamociChiara © riproduzione riservata
Take Home Message
Lo spettro autistico è caratterizzato da una vasta gamma di manifestazioni, e le sue diverse declinazioni possono emergere e palesarsi anche in età adulta. Spesso, ciò accade mentre si esplorano difficoltà esistenziali profonde, la fatica di vivere, o sfide relazionali e di adattamento sociale. Questo significa che l’autismo non è esclusivamente una condizione infantile, ma può rivelarsi pienamente come una questione da adulti, richiedendo consapevolezza e diagnosi anche in fasi avanzate della vita.
2 risposte
Non avevo idea…o meglio un po’ lo sospettavo, ma pensavo fosse un po’ una mia follia
E già…si scopre sempre qualcosa di nuovo