C’è una spiaggia, da qualche parte nel sud del mondo, dove la sabbia è fine e non brucia i piedi, nemmeno se il sole è una palla di fuoco a mezzogiorno.
È una lingua bianca e deserta che si estende all’infinito tra l’incontro del corso di un fiume con le onde dell’oceano Atlantico.
Un luogo da una parte quieto, le rive bagnate da acque dolci, protetto da soffici dune adornate da una vegetazione bassa, di un verde intenso; dall’altro impetuoso, battuto da un vento incessante, col mare che alza grandi e vorticose onde di acqua salata che si abbattono sul bagnasciuga con forza, come a voler far vacillare il passo di chi si provi a sfidarlo camminando sulla riva.
È un posto magico, che forse non esiste nemmeno, che fa parte dei sogni, dei miracoli della natura. Uno di quei posti dove davvero tutto può succedere e dove tutto non ha una vera e propria spiegazione.
È qui che l’ho visto per la prima volta. Un punto laggiù in fondo, una macchia scura velata dal riflesso del sole.
Non c’era nessuno, oltre noi, su quella spiaggia sul limite del mondo, eppure era come se due anime si fossero date appuntamento.
Ci stavamo avvicinando, l’uno all’altra. Chissà quanto tempo avremmo impiegato prima di incrociarci, ma fin da subito un sussulto, un sentimento di fatalità si era impossessato di me. Per la prima volta nella mia vita non avrei voluto essere in nessun altro posto al mondo se non su quel pezzo di terra sconosciuto, allo stesso tempo placido e burrascoso, desolato e rumoroso, di vento e mare e sole impietoso sulle nostre teste.
Il tempo e lo spazio, tutta la mia vita sembravano già appartenere ad un passato lontanissimo. I miei errori, i miei tormenti non erano più quel peso insopportabile da trascinarmi dietro. Avrei potuto schiacciarli in una palla di sabbia umida e lanciarli via in mezzo alle onde.
Avevo la certezza che tutto avrebbe preso forma, che il destino, che mi aveva spinta fin là, avrebbe rivelato presto le sue intenzioni.
E intanto ci avvicinavamo, i suoi contorni si facevano più definiti, il suo incedere già iniziava a raccontarmi di lui, a farmi fremere, a spezzarmi il fiato in petto.
Tutto cominciò a farsi silenzioso, come se il mondo si fosse ammutolito per ascoltare meglio il battito dei nostri cuori.
Quando fummo ad un passo e riuscimmo a guardarci negli occhi ebbi la certezza che quella irreale circostanza fosse un segno, come se un intervento soprannaturale avesse concesso ai due unici superstiti di una catastrofe di trovarsi per poter condividere ancora una volta la bellezza della vita.
Lui mi ha sorriso e ho capito che il tempo che ci aveva divisi era solo servito a farci incontrare.
Senza dirci una parola ci siamo seduti nello spicchio d’ombra a ridosso di una duna.
Alle spalle lo scorrere placido e rassicurante delle nostre vite passate, di fronte a noi la burrasca di un nuovo amore.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara
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