Eppure – ti confido una cosa, amica mia – è stato subito dopo che, insperata, si è fatta strada un’incredibile curiosità.
Un frizzante desiderio che mi ha spinto a voler scoprire cosa poteva accadere se avessi toccato il fondo e se la risalita sarebbe poi stata davvero così difficile da percorrere.
Ricordo di essermi domandata, tremante di gioia e di eccitazione, se tutto quello non avesse voluto dire, finalmente, sentirmi davvero viva, se non fosse un rivolgermi con coscienza ad un sentimento di sopravvivenza e libertà. Se non avessi finalmente afferrato quella speranza femminile e femminista di indipendenza e di piena identificazione con me stessa.
Cosa sia successo è ormai risaputo. Che lentamente, fino a spegnersi del tutto, si è affievolita la nostra complicità. È successo che il rispetto che stava sopra ogni cosa si è spezzato di colpo.
La nostra storia è finita né più né meno come hanno termine la maggior parte delle storie, con l’incomprensione reciproca, con la testardaggine che fa scudo intorno alle rispettive opinioni, con le accuse di non essere stati migliori di quello che ci aspettavamo che fossimo.
Ma, amica mia, non dimenticarlo mai. Ciò che s’impara sopra la nostra pelle è che purtroppo migliori, col tempo, è difficile diventarlo. Semmai è molto più facile il contrario.
Non è che ci sia una normalità di come vanno le cose. Per me è stato un continuo cadere, un disperato tentativo di aggrapparmi a qualsiasi cosa col solo risultato di scivolare ancora più a fondo. L’affannosa ricerca di salvare una storia agonizzante.
La paura, più che giustificabile per caritá, è stata quella che, in quanto donna, non sarei mai riuscita a trovare la forza di reagire ad un qualcosa che non accettavo che finisse.
Ecco, solo poco tempo fa mi avresti incontrata a quel punto della mia vita, tenuta in bilico dal timore di cadere e con la flebile fiducia che qualcuno – chissà chi poi – mi calasse giù dall’alto un filo di speranza da poter afferrare.
Ma in definitiva, tu mi conosci bene, cosa c’entravano le mie paure con le mie passioni? I miei timori con quella mia instancabile voglia di amare?
Perché se i miei dubbi erano una parete scivolosa, le mie sicurezze non potevano che essere un terreno solido.
Quando finalmente è finita, quando ho detto basta, quel fondo che credevo molle e limaccioso, ho scoperto che invece era fatto di terra battuta. Una volta lì e puntato i piedi ho sentito con chiarezza un refolo d’aria fresca accarezzarmi la faccia.
Ma l’unico modo per scoprirlo è stato trovare il coraggio di compiere quell’ultimo balzo. E poi, guardandomi intorno, mi sono accorta che quel buco nel quale ero caduta non era, in realtà, la mia unica via d’uscita.
Amica dolce. Le sofferenze sono provocate dall’ostinato e ottuso tentativo di rimanere aggrappati ad un passato che non ci appartiene più.
Le gioie, al contrario, si trovano lungo una nuova strada da percorrere. È solo questione di trovare il coraggio di tornare a camminare.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara
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