Breve storia della medicina occidentale – Terza puntata

La medicina a Roma – Breve storia della medicina (terza puntata)

La medicina a Roma – Breve storia della medicina (terza puntata) – Plinius Caecilius Secundus (Como 23 d.C.- Stabiae 25 agosto 79 d.C.), conosciuto meglio con il nome di Plinio il Vecchio, nella sua monumentale opera scientifica “Naturalis historia”, scrive che per i primi seicento anni della sua esistenza, Roma non ebbe medici. Infatti, anticamente, il “civis romanus” disprezzava l’arte medica come professione e di conseguenza chi la praticava, perché a pagamento. Quindi l’attività sanitaria veniva esercitata esclusivamente in privato dal “pater familiae” su tutti i componenti della sua famiglia allargata (moglie, figli, schiavi), con metodi empirico-naturali (uso di erbe, minerali e pratiche tradizionali), riti e formule magiche. A tali sistemi, poi, si affiancava anche una medicina teurgico-sacerdotale, professata nei templi dedicati alle divinità preposte alla salute.

La medicina a Roma – Soltanto a partire dal III sec. a.C. (con la corrente innovativa suscitata dall’Ellenismo) e con la conquista della Grecia (divenuta definitivamente provincia romana dal 27 a.C.), si cominciarono a vedere in giro per Roma i primi medici di professione. Cioè, medici provenienti principalmente da quella regione del Mediterraneo, che svolgevano a pagamento la loro arte con metodi razionali e che avevano un bagaglio di esperienza e di nozioni frutto di anni di lavoro e di studio.
Tuttavia la loro attività non ebbe vita facile: a stento, e solo col tempo, riuscì ad essere accettata e a penetrare nelle abitudini dei romani. Furono soprattutto i più ricchi, più aperti al progresso, coloro che iniziarono a rivolgersi ai professionisti, anche perché avevano i mezzi per pagare gli onorari di quelli più bravi. In genere però la medicina, intesa come arte basata sulla scienza, dovette convivere a lungo con il disprezzo e la diffidenza della gente comune e le pratiche curative di carattere religioso, magico, empirico e domestico, che costituivano l’inveterato bagaglio culturale e cultuale della comunità.

La medicina a Roma – Si può dire che a Roma, in particolar modo, con la medicina si evidenziò la grande dicotomia sempre esistita tra le sue classi economico-sociali. Per tutti i secoli della durata del suo Impero, infatti, mentre i nobili e i più abbienti finirono col convincersi della migliore efficacia dei servigi offerti dai medici razionali (alcune famiglie arrivarono ad acquistare schiavi medici, o a provvedere all’istruzione di quei servi che mostravano di possederne le capacità; altre affrontavano senza batter ciglio onorari spesso proibitivi di professionisti famosi), alla gente più povera o meno colta restava solo il rivolgersi a quei terapisti improvvisati, praticoni e ciarlatani, senza preparazione e attendibilità di cui Roma era piena (era facile a Roma millantarsi medico e, con un’istruzione inesistente o approssimativa, aprire una “taberna medica”, cioè un ambulatorio), oppure rivolgersi alle divinità in attesa speranzosa e fatalistica di una grazia miracolosa.
I numerosi “ex voto” provenienti dalle favisse (depositi dei templi dedicati agli dei preposti alla salute, quali Esculapio, Minerva Medica, Giunone, Apollo, per nominarne alcuni), che riempiono molte delle vetrine dei musei archeologici moderni, dimostrano proprio la grande diffusione culturale di tale atteggiamento fideistico. Tuttavia, va precisato a tale proposito, che l’importanza data all’intervento divino in tutti i fenomeni della vita era una caratteristica comune e presente in tutte le classi sociali dei romani (assai religiosi e anche superstiziosi): pertanto, anche per ciò che riguardava la salute e malgrado la maggiore razionalità propria dei ceti più elevati, esisteva, in tutti e sempre, uno spazio di rispetto e credibilità destinato a poteri religiosi o arcani.

La medicina a Roma – I primi medici che arrivarono a Roma non erano uomini liberi: con la conquista della Grecia, molti medici stranieri (uomini e donne) vennero presi prigionieri per essere venduti come schiavi. Inoltre, data la crisi economica determinatasi nelle loro regioni originarie a causa del cambiamento politico epocale conseguente, molti medici stranieri si vendevano, di loro iniziativa, per poter raggiungere Roma con la prospettiva di riuscire a guadagnare molto danaro e, in seguito, essere in grado di ricomperare la propria libertà. I primi medici furono, perciò, “servi medici”: cioè schiavi che possedevano quel particolare bagaglio di conoscenze e capacità che li distinguevano dagli altri servi, e in virtù del quale riuscivano ad acquisire privilegi, indipendenza e libertà di movimento. Si trattava di schiavi particolarmente preziosi, con cui di frequente i padroni finivano con lo stabilire rapporti affettivi e di fiducia e spesso accadeva che provvedessero essi stessi, spontaneamente, alla loro emancipazione.

La medicina a Roma – L’attività medica in Roma, quindi, anche se inizialmente disprezzata proprio perché esercitata da persone di condizione servile, dimostrò di fruttare danaro a chi l’esercitava, e la possibilità di fare fortuna a chi riusciva a crearsi notorietà e prestigio professionali.
La crescente consapevolezza nella società della migliore attendibilità dei metodi scientifici rispetto a quelli tradizionali, indusse, poi, Giulio Cesare a favorire l’immigrazione dei medici, concedendo la cittadinanza romana a tutti coloro che esercitavano in Roma.
Anche Augusto diede a tali professionisti particolari privilegi, inoltre, assicurò a se stesso e alla sua famiglia la presenza continuativa di un sanitario, con il titolo di “medico della casa di Augusto”. Gli Imperatori che seguirono, poi, attribuirono loro molti altri vantaggi, tra i quali l’esenzione dalle imposte e dal servizio militare; assunsero anche medici personali, creando la figura dell’ “Archiater Sacri Palatii” e, col tempo, finirono con il valutare politicamente utile l’assegnare medici ad ogni regione, per assicurare un servizio pubblico di assistenza sanitaria anche alle persone più povere. Ebbero pure medici propri le imprese pubbliche: come i teatri, le palestre dei gladiatori, i porti, ecc..

La medicina a Roma – Un medico, venuto a Roma ai tempi di Pompeo Magno e divenuto celeberrimo fu Asclepiade, i cui scritti sono citati da Plinio, Celso, Galeno e Celio Aureliano. Egli fu medico di Crasso e di Cicerone. Accumulò un’enorme fortuna con i proventi della sua professione. E’ probabile che sia divenuto famoso quando durante un funerale seppe riconoscere nel defunto un caso di catalessi e riuscì a risvegliarlo. La gente gridò al miracolo e il clamore di tale episodio ebbe una vastissima eco.
I metodi curativi di Asclepiade, seguace di Epicuro, si basavano soprattutto sul principio di una condotta di vita salutare: diete, ginnastica, passeggiate, corse, idroterapia e movimento del corpo in genere all’aria aperta. Con lui ebbe inizio la fortuna delle palestre, delle terme e dei bagni in acque termali. Fu anche un medico di grande finezza clinica e pratica, che, con un’intuizione che lo avvicina molto a concetti propri dell’epoca attuale, fondava le sue terapie non solo sulla base dell’osservazione attenta dei sintomi, ma anche sullo studio delle circostanze ambientali del malato, considerando parte integrante della cura il favorire situazioni di benessere e felicità psico-fisica quali, ad esempio, il godimento della musica o di altre cose gradevoli e rasserenanti.

La medicina a Roma – Famosissimo divenne Claudio Galeno (Pergamo 129 d.C.- Roma 200 circa). Egli studiò a Smirne, a Corinto e ad Alessandria nella scuola di anatomia. Tornato a Pergamo fu nominato medico dei gladiatori. L’Imperatore Marco Aurelio lo chiamò a corte nel 169. A Roma ebbe modo anche di affermarsi con grande successo su di una vastissima clientela, romana e provinciale. Fondò una scuola di anatomia.
Galeno impose la sua autorità scientifica su tutte le specializzazioni mediche, al punto che le sue teorie furono considerate una base dogmatica e indiscutibile almeno fino al VII secolo.
Fu, inoltre, un grande farmacologo: la sua farmacopea comprendeva 473 piante medicinali, che egli raccoglieva personalmente, e che scopriva, specie durante i suoi viaggi. Preparava da sé i farmaci.
Studiò le proprietà delle piante e le sue osservazioni costituiscono ancora la base dell’odierna farmacologia galenica.

La medicina a Roma – Come possiamo facilmente arguire, i medici di quell’epoca avevano a loro disposizione solo le conoscenze scientifiche e le teorie degli studiosi che li avevano preceduti, il proprio intuito e una meticolosa attenzione nell’osservare i sintomi del paziente. Non disponevano delle certezze fornite dalle tecnologie moderne. Malgrado ciò, furono capaci di diagnosticare un numero notevole di malattie e trovare valide terapie.
Si crearono molte specializzazioni, sulla base degli studi a cui i medici indirizzavano il loro particolare interesse.
Vi furono medici specializzati nelle malattie infettive, che a Roma costituivano una delle più ricorrenti cause di morte, specie nelle classi più umili della società. Polmonite, meningite, difterite, tifo, le varie forme di tubercolosi, malattie contagiose in genere, trovavano nelle condizioni ambientali (abitazioni inidonee e sovraffollate, scarsa disponibilità di acqua e, quindi, di igiene, alimentazione inadeguata, ecc.) terreno fertile per diffondersi, trasformandosi spesso in vere epidemie.
Numerosi furono in tutto l’Impero gli oculisti, a riprova che i disturbi e le malattie degli occhi erano molto frequenti.
Vi furono chirurghi odontoiatri, la cui scienza e capacità derivavano, principalmente, dalle scuole e dalle esperienze degli Egizi, dei Fenici, dei Greci, e degli Etruschi, e vi furono anche medici chirurghi di ogni altro tipo. L’attività di tutti costoro, in assenza degli anestetici e dei metodi meno invasivi odierni, era purtroppo anche sinonimo di tortura e di macelleria. Gli strumenti da essi utilizzati fanno bella mostra di sé nei musei archeologici e, al solo vederli, non si può fare a meno di rivolgere un pensiero di umana commiserazione nei confronti dei malcapitati che ne dovettero provare l’uso su di sé.

Ovviamente, ad una potenza sostanzialmente militare come quella di Roma, non potevano mancare, assegnati ad ogni unità organizzativa dell’esercito, medici e chirurghi specializzati che ne dovevano assicurare la necessaria efficienza e, in particolar modo, il superamento delle inevitabili emergenze causate dai combattimenti.

La medicina a Roma – Numerose furono le donne che si occuparono di attività sanitarie. Molte a livello empirico: persone che conoscevano le virtù delle erbe e le somministravano ai loro clienti; tante altre esercitavano nel campo specifico della ginecologia, come le levatrici e le ostetriche che, a livello infermieristico, assistevano le donne nella gravidanza e nel parto.
Vi fu anche un gran numero di donne medico, specializzate principalmente in ginecologia e ostetricia. Ma se ne possono annoverare pure molte altre che si dedicarono a campi scientifici diversi. Plinio il Vecchio riporta i nomi di Salpe di Lemno come valente oculista e Olimpia di Tebe, come nota ginecologa. Famosa fu una certa Cleopatra (II sec.d.C., vissuta a Roma), che scrisse un trattato “De Geneticis” sulla ginecologia, sulla dermatologia e sulla cosmesi, molto utilizzato almeno fino al VI secolo. Però tale opera, essendo stata più volte ricopiata, in seguito finì con l’essere confusa con altre e attribuita ad autori diversi da lei, ovviamente uomini.
Lo stesso accadde ad Aspasia, che scrisse un testo sulle malattie femminili, ormai perduto, e che, col tempo, fu invece attribuito ad un uomo di nome Aspasio.

La medicina a Roma – L’attribuzione a uomini di alcune opere di valore: mediche, scientifiche o altro, nei sistemi patriarcali non è un fatto così eccezionale o accidentale. A mio avviso, trova una spiegazione nella logica del loro “indiscutibile” assioma sull’inferiorità femminile, il quale crea grande difficoltà e, spesso, il rifiuto a riconoscere in genere intelligenza, capacità e meriti alle donne; in modo particolare, poi, quando questi si dimostrano molto elevati, come negli ambiti di maggiore prestigio ed eccellenza, quali possono essere le varie branche della scienza e della ricerca o di coraggio nel caso di altre imprese.
Le società patriarcali, in simili riconoscimenti, infatti, vedono vacillare l’impalcatura dei pregiudizi accumulati col tempo a giustificazione della loro misoginia e, quindi, messa in discussione l’esclusività dei valori da esse posti a base dell’identità e del prepotere maschile.
E ciò si verifica, purtroppo, ancora in troppi Paesi.

Nella cultura occidentale, ormai, questo fenomeno “sembra” far parte in buona parte del passato, ma per millenni è stata una storica, pesante realtà. Fino a tempi assai recenti.

Dott.ssa Silvana Vitali per Redazione VediamociChiara
© riproduzione riservata

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La medicina a Roma – Breve storia della medicina (terza puntata).
Plinio il Vecchio, Asclepiade, Galeno, ma anche molte donne praticavano la medicina nella Roma antica. Un sistema patriarcale però ha portato a cancellarne la memoria, come accadde ad Aspasia, autrice di un testo sulle malattie femminili, oggi perduto, che fu attribuito ad un uomo di nome Aspasio.

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Ultimo aggiornamento: 08 ottobre 2024

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Una risposta

  1. E’ terribile pensare che la storia della medicina sia stata scritta anche dalle donne, ma sempre, o quasi, senza alcun riconoscimento. Certo oggi è tutto diverso, mia zia è un medico affermato ed è un riferimento nella sua materia, ma è triste pensare a quanto è stato complicato riceverei giusti ricoscimenti

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