Per una migliore compliance alla malattia diabetica nel giovane (e nel meno giovane) è importante valutare l’approccio affettivo che la persona con diabete ha verso le figure di riferimento della sua vita.
Il termine diabete in greco antico significa passare attraverso. Risale a Aretuseo della Cappadocia, medico greco del II sec A.C. La parola mellito deriva invece dal latino e significa dolce. Entrambi i termini si riferiscono, il primo, alla maggiore produzione di urine, il secondo, al sapore zuccherino che le urine e il sangue del soggetto diabetico presentano.
Ma da un punto di vista biochimico cosa è il diabete?
Il diabete è una malattia metabolica cronica dovuta a una riduzione dell’insulina da parte del pancreas e a un aumento di zucchero nel sangue. Il cibo digerito produce glucosio che entra nel flusso sanguigno e le cellule lo usano per produrre energia e crescere. Ma il glucosio può entrare nelle cellule solo con l’aiuto dell’insulina che permette alle cellule di catturare il glucosio. Dopo aver mangiato, il pancreas secerne la quantità di insulina sufficiente a spostare il glucosio dal sangue alle cellule. In caso contrario, ovvero in mancanza dell’insulina, quel glucosio non viene utilizzato dalle cellule per produrre energia e resta nel sangue danneggiando tessuti e organi.
Si distinguono due tipi di diabete: Tipo 1 e Tipo 2
Il Diabete di Tipo 1, insorge in età infantile/giovanile ed è definito anche insulino-dipendente. Il Diabete di Tipo 2 (mellito) si manifesta in età adulta. A quest’ultimo sono associati, quali elementi chiave, la predisposizione familiare, la sedentarietà e l’obesità.
La consapevolezza della comunità scientifica che alcune alterazioni psicologiche-affettive o fattori di stress possano influenzare l’insorgenza di alcune patologie, tra cui il diabete, sta crescendo sempre di più. Il ruolo di pregresse esperienze e vissuti emozionali nella vita della persona diabetica, è un nucleo di ricerca sia per studiare l’eziologia della malattia, sia per il suo trattamento e decorso clinico.
Ormai è ampiamente dimostrato che lo stress emotivo può provocare fenomeni di iperglicemia, la quale nei soggetti sani viene rapidamente compensata, a differenza di ciò che accade nei soggetti diabetici. Gli alti livelli di glicemia e glicosuria sono legati a una condizione di ansia che stimola l’asse simpatico-surrene.
Psicosomatica del diabete e la “fame di affetto” – Dal punto di vista psicologico il significato inconscio del diabete è la “fame di zuccheri”
La persona con diabete, poiché è carente di insulina, presenta una elevazione di glucosio nel sangue che non riesce ad essere utilizzato. Nonostante il processo digestivo sia funzionale, l’assorbimento di quei principi nutritivi che producono l’energia indispensabile all’organismo, risulta gravemente inadeguato.
Paradossalmente, il nutrimento introdotto è disponibile, ma le cellule continuano a restare “affamate”.
Il diabetico, attraverso la malattia, sembrerebbe esprimere il suo bisogno di nutrimento affettivo rimasto inappagato. Per il neonato, infatti, il cibo e l’affetto sono indissolubili. Il latte “materno” contiene zucchero “affettivo” e simbolicamente il latte soddisfa, oltre i bisogni nutrizionali del corpo, anche i bisogni di nutrimento affettivo.
Psicosomatica del diabete e la “fame di affetto” – Un’esperienza di fame emotiva
La conseguenza di identificare il cibo con l’amore provoca un’esperienza emotiva di fame, ogni qualvolta vi è una esperienza di riduzione dell’affetto. Ciò provoca una sensazione metabolica di fame, quindi appetito eccessivo, indipendentemente dalla quantità di cibo ingerito, e la ricerca prevalente di alimenti “dolci”.
Ancora più evidente si registra il bisogno affettivo nei giovani con diabete di tipo 1 (insulino-dipendente), dove la gestione stessa della malattia richiede maggiori cure e attenzioni da parte delle figure di riferimento affettivo (leggasi genitori). L’inconscio, attraverso un’iperglicemia costante, manifesta il conflitto con l’autonomia, la quale per attivarsi richiederebbe maggiori livelli di energia, quella energia che le cellule non riescono a fornire. I livelli alti di glucosio rappresentano il prezzo per restare “dipendenti” dalla dolce affettività materna.
Psicosomatica del diabete e la “fame di affetto” – La perdita dell’autonomia
Nel diabete di tipo 2, il buon equilibrio raggiunto attraverso l’autonomia, può essere incrinato da un evento di “perdita”. Magicamente sembra attivarsi quel vecchio modello di dipendenza dal mondo affettivo materno, e i livelli di glucosio salgono, andando ad intaccare proprio quegli organi bersaglio deputati alla autonomia: occhi (danni alla retina), arti inferiori, reni, i cui danni possono portare alla dialisi e comunque tutti riconducibili ad una ridotta autonomia.
Psicosomatica del diabete e la “fame di affetto” – La psicoterapia può essere utile
Per una migliore compliance alla malattia diabetica nel giovane (e nel meno giovane) è importante valutare le modalità affettive che la persona con diabete ha verso le figure affettive di riferimento della sua vita.
Un’idonea forma di psicoterapia può essere utile non solo per la migliore gestione della malattia da parte del paziente, ma per una migliore accettazione e comunicazione tra i genitori dei bambini diabetici.
Tranquillità, sicurezza e affetto sono bisogni da soddisfare in modo creativo e non attraverso una compensazione, dal punto di vista analitico, che investe l’oralità e il cibo.
Nel trattamento della persona con diabete il tener conto degli aspetti psicosomatici può solo migliorarne la gestione della malattia, anche solo dal punto di vista medico.
Note bibliografiche
– Cremerius, Psicosomatica Clinica, 1981, Ed. Borla, Roma
– Pancheri, Psiconeuroendocrinologia in Enciclopedia Medica Italiana, Uses Firenze, 1985
Dott.ssa Patrizia Pezzella Psicologa, psicoterapeuta, perfezionata in Sessuologia clinica per Redazione VediamociChiara
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Psicosomatica del diabete e la “fame di affetto” – Per una migliore compliance alla malattia diabetica nel giovane (e nel meno giovane) è importante valutare le modalità affettive che la persona con diabete ha verso le figure affettive di riferimento della sua vita. Nel trattamento della persona con diabete il tener conto degli aspetti psicosomatici può solo migliorarne la gestione della malattia, anche solo dal punto di vista medico.
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2 risposte
Buongiorno sono l’ing. Aldo Giordano di Pescara ho letto co interesse il suo articolo e le ho mandato una mail.gradisca cordiali saluti.
Ciao Aldo, non abbiamo ricevuto la tua mail. A quale indirizzo l’hai inviata?