Qual è l’impatto della menopausa sulla vita delle donne?
Fra i tanti disagi legati soprattutto ai costi dei farmaci innovativi e alle disuguaglianze nell’accesso alle cure, comunque l’epoca moderna ci ha regalato standard di vita impensabili in passato. Lo straordinario balzo compiuto nella sopravvivenza e gli studi sulla longevità ci consentono di guardare all’invecchiamento con un occhio ed uno spirito diversi.
Anche la menopausa, un tempo oscurata da mille tabù che lasciavano le donne sole con i loro problemi di salute, ha conquistato un posto di primo piano nell’informazione sulla salute.

la prof.ssa Alessandra Graziottin, Docente presso l’Università degli Studi di Verona, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia medica H. San Raffaele Resnati di Milano e Presidente Fondazione Graziottin.
Professoressa Graziottin, il fatto che viviamo più a lungo ci porta a considerare in un’ottica diversa le evoluzioni del nostro corpo e i cambiamenti legati al trascorrere del tempo. In particolare, si sono finalmente accesi i riflettori del dibattito pubblico sulla menopausa e sui suoi impatti sulla vita della donna. In base alla sua ricca esperienza accademica ma anche a diretto contatto con le pazienti, ritiene che una maggiore informazione possa far sentire le donne più direttamente coinvolte nella costruzione della loro salute?
Ecco il punto: l’uomo, la nostra specie, ha 200.000 anni di storia evolutiva, ma in Italia fino a 100 anni fa le donne morivano prima dei 50 anni. Quindi, per 200.000 anni la menopausa è stata un evento del tutto eccezionale nella vita delle donne. Con il miglioramento delle condizioni di vita e la disponibilità di farmaci come vaccini e antibiotici, in soli cento anni, dal 1920 circa, la vita media è aumentata di 35 anni. Una rivoluzione per il nostro corpo, che non era attrezzato per vivere un altro terzo di vita e più oltre la perdita degli ormoni sessuali.
Il fatto che la menopausa sia un evento naturale non significa che non possiamo trovare il modo di viverla meglio.
L’Endocrinologia ci insegna che se una ghiandola che produce ormoni viene rimossa va sostituita. Succede, ad esempio, con la tiroide: se viene asportata a causa di una malattia, il paziente deve prendere gli ormoni tiroidei, e deve farlo per tutta la vita. Allo stesso modo, il venir meno dell’attività delle ovaie, perché rimosse per cause benigne o perché esaurite per processo naturale, dovrebbe comportare di default la somministrazione degli ormoni perduti.
Le uniche controindicazioni maggiori restano i tumori ormono-dipendenti della mammella e delle ovaie (con una serie di eccezioni), flebiti e tromboflebiti e alcune condizioni molto rare. Preciso che l’integrazione deve riguardare tutti gli ormoni: estrogeni, progesterone e testosterone. Sì, anche il testosterone: pochi sanno che noi donne (tutte) abbiamo livelli più alti di questo ormone nel ciclo mestruale normale rispetto agli estrogeni, con la sola eccezione della gravidanza.
La donna si trova in menopausa a 50 anni (in un 10% dei casi prima), quando è nell’età dell’oro professionale ma, dall’altro lato, è penalizzata da una condizione che riduce drasticamente la sua lucidità mentale, la sua capacità di analizzare i problemi, di prendere decisioni, di essere assertiva ma pacata. Non ha, insomma, la serenità mentale che dà il giusto distacco dalle situazioni complesse, indispensabile per analizzarle lucidamente e prendere le decisioni migliori. Questo si ripercuote anche nella vita personale. “Calma vicit”, diceva Giulio Cesare 2000 anni fa: la calma ci mette nella condizione emotiva di rapportarci in maniera costruttiva con tutti.
Ridare alla donna gli ormoni perduti in questa fase della vita significa rimetterla in una condizione ottimale, fisica e mentale, per rilanciare la propria prospettiva di vita per almeno altri 30-35 anni.
Quali sono i suoi riscontri nella pratica clinica di tutti i giorni?
Nella mia esperienza professionale, vedo regolarmente per i controlli periodici pazienti che assumono ormoni: alcune di loro sono in cura con me da decenni, anche quarant’anni di terapia ormonale sostitutiva, un lungo tempo durante il quale ho potuto constatare i benefici che la sostituzione ormonale ha garantito loro. Se io, da medico, conoscendo le conseguenze potenzialmente gravi di una menopausa sintomatica o fortemente sintomatica (condizione che interessa il 30-40% delle donne), non dò alle donne gli ormoni perduti, in assenza di controindicazioni, allora sto commettendo un’omissione di soccorso. Tradisco la mia missione, che è quella di aiutare, soprattutto ridando al corpo quello che ha perduto, rispettando il bisogno di ogni cellula di riavere gli ormoni che rimettono in equilibrio tutto il corpo, sempre in sinergia con stili di vita impeccabili, che per me sono le fondamenta non negoziabili di ogni progetto di salute.
Sono da sempre convinta che medico e paziente devono fare squadra: la donna dovrebbe adottare stili di vita corretti e, se non sono tali, impegnarsi a migliorarli e il medico dovrebbe creare un’alleanza di stima e di fiducia per un progetto di salute condiviso.
All’interno di questa alleanza, di questa squadra, dovrebbe prescrivere tutte le terapie (farmacologiche e non) appropriate per ottimizzare il progetto di salute e portare la traiettoria di salute della donna nell’assetto migliore possibile. I fatti dimostrano che queste attenzioni armoniose, equilibrate all’interno di un progetto condiviso e opportunamente monitorato sono un alleato della salute individuale, ma anche per la coppia e la famiglia. Pensi a cosa vuol dire avere una mamma ancora autonoma e indipendente e sorridente, soprattutto in un contesto sociale in cui ci sono tante persone che già a 60 anni hanno perso l’autonomia. Pensi al risparmio strepitoso che abbiamo fatto, in termini di vita personale e di risorse ed energia che possono essere messe a disposizione della propria vita, della coppia e della famiglia, a quanto abbiamo guadagnato in termini di gioia di vivere…
La menopausa si ripercuote sulla vita professionale delle donne attraverso la comparsa di sintomi come la stanchezza, la difficoltà di concentrazione e la scarsa memoria che rendono complicata la gestione quotidiana degli impegni di lavoro. In particolare, si parla di brain fog (nebbia mentale), una manifestazione in passato forse non adeguatamente considerata come componente della menopausa. Di cosa si tratta?
Capiamo cos’è la brain fog se conosciamo come funziona il nostro cervello, che possiamo idealmente suddividere in 4 grandi dipartimenti.
- Il primo è il dipartimento neurovegetativo, quello che regola tutte le funzioni non volontarie (temperatura, battito cardiaco, ritmo del respiro, alternanza fame-sazietà, ritmo del sonno, pressione arteriosa, produzione ormonale): questo comparto viene alterato dalla menopausa con sintomi quali vampate di calore e insonnia, che sappiamo essere la causa primaria della nebbia mentale.
Ogni vampata comporta un aumento di 4°C della temperatura cutanea nella parte superiore del corpo e di circa un grado di quella interna: un’escursione improvvisa, che scatena nel corpo un allarme grave. Come un colpo di calore, attiva nelle ghiandole surrenali il rilascio di adrenalina e cortisolo, il mediatore dello stato di guerra di un esercito che è il sistema immunitario. Se questo si ripete molte volte durante la notte, si crea uno stato di neuroinfiammazione, una sorta di incendio biologico che parte dal dipartimento neurovegetativo ma si estende anche a tutti gli altri. Ecco che arrivano indicazioni importanti che qualcosa di essenziale non è più regolato correttamente: il termostato del corpo (è così che subentrano le vampate), il ciclo del sonno (l’insonnia) e tutti i bioritmi. - Il secondo dipartimento è quello emotivo-affettivo: in menopausa aumentano l’ansia, la depressione, l’irritabilità e l’aggressività, ma anche la vulnerabilità alle critiche, un aspetto che può avere ripercussioni drammatiche a livello professionale.
- Per ciò che riguarda il dipartimento cognitivo, si ha una perdita di attenzione, concentrazione e memoria. Questo perché i disturbi del sonno alterano la fase di sonno con sogni, essenziale per il consolidamento della memoria: in menopausa, è la memoria recente ad essere più minata, con conseguenze gravi sulla performance.
- Dal punto di vista del dipartimento motorio, poi, ricordo che nelle donne che assumono la Terapia Sostitutiva il rischio di Parkinson dimezza sia come comparsa che come progressione di malattia.
Ridare gli ormoni alle donne in menopausa, soprattutto se per via transdermica (cerotto, gel, spray), ci consente di ridurre la neuroinfiammazione. Dobbiamo pensare agli ormoni come a pompieri che, insieme al testosterone, spengono l’incendio, eliminano il fumo (la nebbia cognitiva) e aumentano la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di creare nuove connessioni, riparare le membrane cellulari, ripristinare tutte le funzioni cellulari e attivare le connessioni fra cellule, che sono il valore aggiunto nelle persone che definiamo “ad alta performance”.
Molte donne lasciano il lavoro in questa fase della loro vita anche a causa dei sintomi fisici e psichici della menopausa, ma così facendo limitano le relazioni sociali, gli stimoli cognitivi e la progettualità, che sono presupposti importanti per un invecchiamento in salute: quali sono i suoi consigli per gestire al meglio il rapporto tra menopausa e lavoro?
Non possiamo chiedere agli ormoni di fare più di quello che è il loro compito. Personalmente, raccomando sempre grandissima attenzione agli stili di vita, perché non basta riparare il danno o mettere le cellule nervose in condizioni di creare nuove connessioni: le nuove connessioni vanno incoraggiate. Allora impariamo una lingua straniera, scopriamo come suonare uno strumento musicale, balliamo, leggiamo libri, insegniamo a collaboratori, nipoti, persone più giovani ciò che sappiamo fare: queste sono tutte attività benefiche, che creano nuove connessioni cerebrali. Gli ormoni sono gli operai che costruiscono la casa, ma per realizzarla abbiamo anche bisogno di un progetto.
Quando si parla di menopausa si citano sempre gli estrogeni, ma qual è l’impatto della riduzione dei livelli di testosterone?
Il testosterone è prodotto dalle ovaie, nello specifico dalle cellule di Leydig che si trovano nel cosiddetto “cuore” dell’ovaio e che sono presenti anche nel testicolo. Un altro ormone androgeno è il deidroepiandrosterone, più conosciuto come DHEA, che viene sintetizzato nel surrene, la prima ghiandola coinvolta nel processo puberale (prima ancora dei testicoli nei maschi e delle ovaie nelle femmine) e alla base dello scatto di crescita che si verifica in questa fase della vita.
Dopo un picco che coincide con i 20 anni circa, la produzione degli androgeni diminuisce progressivamente, tanto che a 50 anni noi donne abbiamo perso il 50% del testosterone e il 60-70% del DHEA. Ma dobbiamo ricordare che così come abbiamo recettori per gli estrogeni in tutte le cellule, ce li abbiamo anche per il testosterone: per esempio, ne abbiamo moltissimi nel cervello.
Quindi, se non voglio avere la nebbia nel cervello, devo prendere non solo gli estrogeni ma anche il testosterone. Una terapia ormonale sostitutiva che, invece di un progesterone bioidentico, contiene un progestinico sintetico con un lieve profilo androgenico può dare più impulso alle funzioni cognitive. Non solo. Siccome i muscoli hanno i recettori per il testosterone, anche l’attività fisica dà risultati in termini di massa muscolare, performance e tono tipici della premenopausa. Allo stesso modo, nell’osso vengono attivati i processi di costruzione a scapito di quelli di distruzione: rallento la perdita di massa ossea. Questo tema interessa tutto l’organismo. Sappiamo, ad esempio, che anche vescica e uretra sono ricchissime di recettori per il testosterone. Come dimostra uno studio cinese, le donne che hanno urgenza minzionale anche in fertile hanno livelli più bassi di testosterone. Mentre l’applicazione locale del preparato galenico di testosterone (non esiste un prodotto industriale corrispondente) riduce l’infiammazione vescicale che accentua la tendenza a contrarsi per piccoli riempimenti e ristabilisce l’equilibrio nella regolazione della minzione. Insomma, una sostituzione ormonale equilibrata permette di rallentare il processo di invecchiamento di tutto l’organismo.
Dott.ssa Monica Torriani farmacista per Redazione VediamociChiara © riproduzione riservata







































2 risposte
Leggendo questo articolo mi sono rasserenata. Tante soluzioni e un cambiamento di punto di vista
Grazie prof. Graziottin
Grazie a te per averci letto