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Stupro e femminicidio

Due crimini che nascono da una medesima matrice culturale. Dovremmo intervenire a cominciare dai criteri di preparazione culturale di tutti coloro che hanno a che fare con l’infanzia e con i giovani

Lo stupro e il femminicidio” sono due crimini che nascono da una medesima matrice culturale. Ambedue sono espressione di profondo disprezzo e di odio nei confronti della vittima. Ambedue hanno lo scopo di distruggerla: il primo offendendo gravemente la persona nella sua intima essenza e infliggendo un’umiliazione tale alla sua autostima, che ne renderà estremamente difficile il   recupero nel corso della sua vita; l’altro con il suo assassinio. Spesso l’odio e il disprezzo per la vittima sono così imperiosi che il primo crimine segue l’altro in una sequenza di particolare, accanita, crudeltà . Se poi, il delitto viene perpetrato insieme da più uomini, al feroce accanimento di ciascuno si aggiunge anche la volgare, spietata emulazione che caratterizza i brutali rapporti dei maschi tra loro quando sono in gruppo e si coalizzano in branco, contro qualcuno/a.

Ambedue i tipi di delitto trovano la loro origine nelle pulsioni istintive dell’uomo ad oggettivizzare quanto esiste (persone comprese) e a pretendere il pieno possesso di tutto ciò che lo interessa del mondo che lo circonda. E’ un istinto primordiale che lo spinge ad affermare prepotentemente se stesso con l’appropriazione e il dominio dell’altro/a e che gli rende insopportabile qualsiasi opposizione, qualsiasi impedimento al suo appagamento.

Se osserviamo la condotta di molti bambini, capita spesso che attraversino una fase della loro prima infanzia in cui tendono a impossessarsi, in esclusiva, dei giocattoli o delle cose altrui, spesso anche con prepotenza e che, di fronte alla propria impotenza, reagiscano anche con violenza. E’ chiaro che gli educatori devono correggere subito questo istinto, abituando il bambino a ridimensionarlo e a sostituirlo con l’empatia, il rispetto e il riconoscimento dell’esistenza degli altri quali esseri viventi e sensibili a lui uguali (tutti: senza escludere gli animali) e dei loro diritti.

Ebbene, la cultura patriarcale non prende in considerazione questo principio di elementare educazione, in particolare, nei confronti di quegli uomini che nascono in condizioni di privilegio o di quelli che dimostrano di possedere caratteristiche a cui la società attribuisce valore primario e dominante, e tende, invece, ad esaltare il loro narcisismo attraverso riconoscimenti sociali e giuridici. Di conseguenza, per tutti coloro che non possiedono quelle doti, prevede solo una condizione di sudditanza e di servizio in base all’importanza e all’utilità delle loro specifiche funzioni.

Quando la civiltà umana era ai primordi e si andavano formando i gruppi sociali, fu istintivo stabilire tra i componenti del gruppo un patto di non belligeranza, al fine di assicurarne la coesione e l’alleanza necessarie per difendersi e magari sopraffare gli altri gruppi. Presto, all’interno di esso si cominciarono a stabilire, però, le prevalenze dei più forti sui più deboli e la necessità- convenienza di questi a sottomettersi, in cambio di un posto nella comunità e, soprattutto, della sua protezione rispetto alle ostilità del mondo esterno.

E’ da tali istinti primordiali ed arcaici che trae origine la legge che esalta come un valore assoluto le caratteristiche fisiche, caratteriali ed economiche del più forte, accettata e recepita anche nei principi giuridici delle civiltà (sempre a regime patriarcale) che via via si sono alternate ed evolute nella storia dell’umanità fino ai giorni nostri.

Tuttavia, il progresso del pensiero umano e della tecnologia hanno messo in evidenza la crescente importanza di altri valori, legati non più al sesso e alla forza fisica, ma all’intelligenza, allo studio, alla cultura, alla sagacia, all’intuito, alla capacità di ricerca e a molto altro ancora: caratteristiche che possono appartenere a tutti gli uomini e a tutte le donne in grado di coltivare il proprio talento e di esprimerlo.

Da questa constatazione nasce il diritto inalienabile di ogni essere umano, uomo o donna che sia, all’istruzione, all’evoluzione e allo sviluppo fisico e mentale della persona, insieme con quello della libertà di realizzare se stesso/a, seguendo le proprie aspirazioni e la corrispondente necessità di ridimensionare anche giuridicamente, oltre che nella comune percezione della vita associativa, certi poteri, fino a qualche tempo fa peculiarità identificative solo dell’uomo.

Giungere a tale riconoscimento non è stato facile: ci sono voluti lunghe ed elaborate evoluzioni del pensiero, battaglie anche sanguinose, e i grandi sconvolgimenti politici e sociali che hanno caratterizzato i millenni di storia dell’umanità, insieme con l’aiuto poderoso e incontrovertibile della scienza, per fare giustizia di tanti pregiudizi e di tanta ignoranza.

Tuttavia, continuano ancora a sussistere notevoli resistenze anche nelle società più sviluppate, come quelle del mondo occidentale, dovute ad interessi radicati in diverse istituzioni e   persone, nelle quali si riscontrano incrostazioni culturali difficili da estirpare, quali ad esempio, quelle legate a sistemi di educazione improntati a diversificazioni morali, sessuali, razziali, spesso tuttora presenti nella filosofia, nella religione, nella cultura e nei comportamenti sia di coloro che per primi si prendono cura dei bambini, cioè dei genitori e dei primi educatori, sia di coloro che sono incaricati, poi, di curare l’educazione e l’istruzione dei ragazzi, man mano che crescono e divengono adulti.

Naturalmente, si esclude da questo discorso quel che accade in tutti gli altri Paesi dominati da regimi ancora inesorabilmente patriarcali e profondamente permeati dalla legge del più forte.

Considerato ciò, il comportamento di coloro che dimostrano attraverso il sopruso e la violenza, di non essere capaci di accettare gli ostacoli che li separano dall’oggetto dei loro desideri, appare come il logico corollario di un certo tipo di formazione culturale, ricevuta sin dalla primissima infanzia e, poi, consolidatasi come parte integrante della personalità.

Cosa fare di fronte a questo fenomeno che purtroppo finisce troppo spesso per riempire le cronache quotidiane di fatti orrendi?

Dovremmo intervenire decisamente, innanzi tutto nei confronti dei criteri di preparazione culturale di tutti coloro che hanno a che fare con l’infanzia e con i giovani, per metterli in grado, con l’insegnamento e con l’esempio, di trasmettere loro valori di rispetto e di equilibrio nei rapporti

con l’altro/a. Nello stesso tempo, dotare coerentemente le istituzioni degli strumenti necessari a difendere efficacemente i più deboli dalla violenza (comunque intesa): leggi, sistemi di intervento, ivi compresi anche corsi di educazione per ricreare l’autostima compromessa delle possibili vittime, favorire le istituzioni che si occupano della protezione delle persone che ne sono oggetto, e quant’altro possa essere necessario a prevenire, scoraggiare ed impedire l’attuazione di atti criminosi; non escludendo la necessità di condannare la troppo frequente, intollerabile indulgenza di alcuni giudizi e di comminare, invece, punizioni veramente adeguate alla gravità di tali delitti e di farle applicare severamente.

E’ un sogno utopistico tutto ciò?

Se lo si considera come tale e si scrollano le spalle per lo scoramento di fronte alla vastità e alla complessità di un tale problema e si preferisce, invece, una resa impotente, rassegnamoci pure a continuare a vedere le nostre cronache quotidiane costellate, sistematicamente, di fatti truculenti e di incivile, bestiale prepotenza.

Ma allora, per favore, smettiamo di piangere ogni volta le solite, inutili lacrime di coccodrillo.

Dott.ssa Silvana Vitali per Redazione VediamociChiara
© riproduzione riservata

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Stupro e femminicidio – Due crimini che nascono da una medesima matrice culturale. Dovremmo intervenire a cominciare dai criteri di preparazione culturale di tutti coloro che hanno a che fare con l’infanzia e con i giovani.

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Ultimo aggiornamento: 15 aprile 2024

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